Ne abbiamo una in quasi ogni regione in Italia e la European Environment Agency le descrive così: “Una struttura progettata per la conservazione ex-situ di singoli campioni vegetali attraverso la conservazione e lo stoccaggio dei semi”. Cosa sono?
Sono le banche del germoplasma o banche dei semi e svolgono un ruolo cruciale nella conservazione della biodiversità e del patrimonio naturale raccogliendo, classificando e proteggendo migliaia di varietà diverse di piante e centinaia di migliaia di campioni. In maniera approssimativa, “nel mondo ci sono quasi 1.700 banche dei semi, la maggior parte delle quali si occupano di piante da coltivazione e destinate a uso alimentare. Poi negli ultimi anni, in relazione alla questione più ampia di conservazione della biodiversità, sono nate anche le banche dei semi che conservano piante selvatiche come quelle a rischio di estinzione per esempio nelle zone desertiche, nelle zone antropizzate e impattate dall'uomo”.
È quello che ci descrive Andrea Mondoni, professore all'Università di Pavia, botanico ed esperto di ecologia vegetale. Anche Pavia ospita una banca del seme: “Noi ci chiedevamo quanto di questi semi venissero utilizzati: li raccogliamo, li conserviamo, ma poi, li utilizziamo?” continua Mondoni. Durante la pandemia Covid, quando le limitazioni erano vincolanti per tutti, il team di ricercatrici e ricercatori guidati da Mondoni si adatta alla situazione: “Abbiamo creato e condiviso un questionario a tutte le banche dei semi che siamo riusciti a raggiungere. E abbiamo ricevuto un bel po' di risposte, ben 104 banche dei semi da 34 paesi. Il feedback è stato positivo e più dati ottieni, più l’analisi è robusta”.
Per preservare la diversità genetica delle piante è fondamentale la collaborazione con altre realtà, sia nazionali sia internazionali, e quello che il team di ricerca voleva esplorare era quanta traslocazione delle piante da parte delle banche venisse messa in pratica. I risultati sono stati pubblicati a maggio 2023 sulla rivista Biological Conservation.
Cosa è la traslocazione
Come si legge su alcune linee guida pubblicate dal ministero dell’Ambiente, la traslocazione è “un’azione deliberata e intenzionale di trasferimento (trasporto o trapianto diretto) di individui o popolazioni spontanee di una specie” e ha, fra gli altri obiettivi, “quello di stabilire popolazioni in grado di auto-sostenersi e di andare incontro a processi evolutivi”. Esistono diverse forme di traslocazione come la reintroduzione, l’introduzione e il rafforzamento.
Come spiega Mondoni, rispettivamente, “la reintroduzione è un'azione di recupero ambientale durante la quale si inserisce nuovamente un elemento, in questo caso delle piante, in un ambiente in cui sono ormai scomparse. Durante un’operazione di introduzione, invece, si introduce un nuovo elemente in un ambiente in cui non è mai stati. E questa operazione può essere più pericolosa. Oppure, per quanto riguarda il rafforzamento, si cerca di arricchire un certo ambiente dove magari quella una popolazione vegetale è in declino. La traslocazione è quindi un termine vasto che racchiude molte azioni e attività”.
Quindi, le banche dei semi fanno traslocazioni?
Durante la chiacchierata, il professore ci spiega che il risultato ottenuto dalle risposte ai questionari è interessante perché ben il 70% di quelle che hanno risposto ha utilizzato i semi per fare queste azioni di traslocazioni. Al contempo, tuttavia, è emerso anche un altro aspetto: chi lo fa, poi, non si occupa di pubblicarlo. E questo è un problema perché così non si sa se funziona o no il processo di traslocazione. Non vengono condivise linee guida o buone pratiche, né pubblicati paper scientifici. Anche dall’analisi della letteratura i ricercatori hanno trovato solo 12 articoli che trattano l’argomento.
“Ed è un peccato, anzi, bisognerebbe proprio inventarsi un modo per pubblicare anche i fallimenti. Perché è dai fallimenti che si impara. E delle traslocazioni, di queste reintroduzioni in natura, si sa poco o nulla. C'è pochissima attività di ricerca pratica pubblicata con un approccio scientifico che ti fa capire le best practice” suggerisce Mondoni. Un ulteriore problema emerso dal questionario è rappresentato dai finanziamenti, sempre troppo pochi per garantire la conservazione delle piante. Si spera che con il recepimento della legge europea sul recupero ambientale (Nature Restoration Law) verranno messe a disposizione risorse anche per questo tipo di azioni di conservazione delle piante
Ma ci sono anche altre strade. Per esempio, ci conferma il professore che la banca dei semi di Pavia, assieme a molte altre italiane, fa parte di una rete europea che si chiama EnSconect, un network nato da un progetto europeo proprio per condividere linee guida e le migliori pratiche per la conservazione dei semi nelle banche, nel lontano 2008-2009. Oppure, il Muse di Trento coordina un progetto europeo chiamato Life Seed Force, che ha come obiettivo quello di migliorare le condizioni di 29 specie di piante, selezionate per il loro stato di conservazione.
Il compito delle banche del germoplasma è quindi vasto e variegato: preservano la diversità genetica delle piante, incluse specie rare, minacciate o in via di estinzione, offrono materiale per la ricerca e il monitoraggio del territorio, permettono il ripristino di ecosistemi compromessi, proteggono la sicurezza alimentare, conservano varietà di colture agricole a uso alimentare. Nel complesso, tutti questi elementi possono supportare così uno scopo più ampio di adattamento ai cambiamenti climatici, assicurando una disponibilità di semi in grado di adattarsi alle nuove condizioni climatiche. O forse no?