L’importanza del microbioma degli alimenti fermentati sulla salute umana

Feb 2025 – Antonio Massariolo

Miso, kefir, yogurt, kombucha, quando parliamo di alimenti fermatati esploriamo sia un tema che segue le mode alimentari, sia le abitudini ed il marketing. Questo però non deve distrarci dal cercare di capire la storia e la reale utilità di tali alimenti. Anche in questo caso basta affidarsi alla scienza che ci dice, innanzitutto, che la fermentazione alimentare è stata utilizzata per conservare gli alimenti e migliorarne la qualità sensoriale, la sicurezza e la conservabilità già circa 8 mila anni fa. Sono datate così infatti le prime prove di fermentazione riferite alla produzione di formaggio, anche se alcuni studi suggeriscono che gli alimenti fermentati (FFs) potrebbero essere stati consumati già all’alba dell’evoluzione umana.

Che cosa sono gli alimenti fermentati

Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire cosa sono. Gli alimenti fermentati (FFs) sono prodotti alimentari trasformati da microrganismi attraverso processi biochimici che modificano la loro composizione, migliorandone il valore nutrizionale, la sicurezza e la durata di conservazione. La fermentazione può avvenire spontaneamente, sfruttando i microrganismi presenti naturalmente nelle materie prime e nell’ambiente, oppure può essere controllata mediante l’aggiunta di colture microbiche specifiche.

A livello globale, gli alimenti fermentati sono suddivisi in diverse categorie, ci sono i prodotti lattiero-caseari fermentati come yogurt, kefir o formaggi, i prodotti a base di cereali come il miso o il pane a lievitazione naturale, le verdure fermentate, le bevande fermentate cioè  birra, vino, kombucha o aceto e gli alimenti fermentati di origine animale.

Ma perché sono così importanti?

La fermentazione negli alimenti offre numerosi benefici, aumenta la sicurezza degli alimenti stessi perché l’acidificazione e la produzione di composti antimicrobici inibisce i microrganismi patogeni, migliora la loro conservazione ed anche il valore nutrizionale aumentando anche la digeribilità per l’essere umano. Uno studio del National Biodiversity Future Center, intitolato Fermented foods, their microbiome and its potential inboosting human health, ha analizzato proprio come questi alimenti abbiano un loro ruolo nella salute umana.  

“Ogni alimento fermentato possiede un microbioma unico – si legge nello studio -, costituito da batteri, lieviti e, in alcuni casi, funghi filamentosi. Questi microrganismi interagiscono tra loro e con la matrice alimentare, determinando le caratteristiche finali del prodotto, come sapore, consistenza e proprietà nutrizionali. Ci sono i batteri lattici, che sono il gruppo microbico predominante in molti alimenti fermentati. Questi batteri fermentano gli zuccheri presenti negli alimenti, producendo acido lattico, che abbassa il pH e inibisce la crescita di batteri patogeni e deterioranti. Poi ci sono i lieviti che sono fondamentali nella fermentazione alcolica (vino, birra) e in alcuni prodotti non alcolici come il kefir e il pane a lievitazione naturale. Contribuiscono alla produzione di composti aromatici e alla formazione di CO₂, che migliora la texture di alcuni prodotti. Infine in alcuni alimenti fermentati, come il tempeh e alcuni formaggi, i funghi filamentosi (Rhizopus, Penicillium, Aspergillus) svolgono un ruolo essenziale nella scomposizione di proteine e carboidrati, migliorando la digeribilità e il valore nutrizionale dell’alimento.

Lo studio ha adottato un approccio multidisciplinare, ha  unito microbiologia, nutrizione e scienze cliniche costruendo un quadro completo sugli alimenti fermentati e su loro impatto sulla salute umana. Sono stati analizzati numerosi studi preesistenti presenti in database scientifici internazionali ed in più è stata effettuata l’analisi del sequenziamento genetico e l’analisi biochimica di tali alimenti. Grazie all’analisi della letteratura disponibile gli autori hanno realizzato una mappa del microbiota degli alimenti fermentati a livello globale. Ogni area del mondo infatti, ha i propri alimenti fermentati (FF) tradizionali: le carni fermentate, ad esempio, sono molto meno diffuse nelle regioni dell’Estremo Oriente (ad esempio, Giappone e Corea), dove vengono fermentati più frequentemente riso, germogli e soia. Al contrario, la fermentazione del latte e la produzione di formaggi si sono maggiormente sviluppate nelle aree in cui la pastorizia era più comune nell’antichità, come l’India e i paesi europei. “Tutti questi alimenti – continuano i ricercatori – ospitano comunità microbiche diverse, le cui differenze e somiglianze restano ancora poco descritte”. Per realizzare questa mappa sono stati selezionati 72 studi, per un totale di 2013 campioni. I più studiati sono stati i formaggi con 1.158 campioni analizzati, seguiti dal latte (256), verdure fermentate (162) e carni fermentate (131).

Le conclusioni

Le conclusioni dello studio sono chiare: gli alimenti fermentati hanno benefici che spaziano dalla sicurezza alimentare al miglioramento della salute umana. Spesso poi il microbiota degli alimenti fermentati rispecchia le necessità dell'intestino umano. I microbi presenti negli alimenti fermentati tradizionali, come kimchi, crauti e kefir, possono quindi agire come probiotici transitori, influenzando la salute intestinale anche se non colonizzano permanentemente l'intestino. Tali benefici vanno dall’avere una diversità del microbiota intestinale a veri e propri benefici metabolici passando anche per la salute mentale. La ricerca sta facendo passi da gigante nell’analizzare e nell’esplorare le interazioni tra microbioma alimentare e microbioma intestinale. Anche da questo punto di vista quindi, il potenziale degli alimenti fermentati nell’ambito della salute pubblica diventa sempre più evidente.

Articoli correlati