In un libro di Zoologia di qualche hanno fa è riportata la citazione dello scienziato Nathan Augustus Cobb estratta dallo Yearbook of the United States of Agricolture, che dice: “Se fosse rimossa tutta la materia dell’Universo a eccezione dei nematodi, il nostro mondo sarebbe ancora vagamente riconoscibile e se, come spiriti senza corpo, potessimo visitarlo, potremmo trovare le sue montagne, colline, valli, fiumi, laghi e oceani rappresentati da una sottile pellicola di nematodi”.
I nematodi hanno un ruolo importante nel mantenere buono lo stato di salute della biodiversità, data la loro abbondanza e la loro pressoché colonizzazione di ogni luogo sulla Terra; sono presenti nel suolo, negli oceani, nelle e sulle piante, in ambienti urbani e in ambienti estremi, come i ghiacciai. E proprio per questo loro ruolo sono stati utilizzati da un team di ricercatori dell’Università Politecnica delle Marche, come bioindicatore per valutare gli effetti del ripristino delle praterie di fanerogame marine (FM) sul recupero della biodiversità dei fondali marini.
I nematodi
Cobb, noto anche come il padre della nematologia negli Stati Uniti, utilizza queste parole per cercare di descrivere, nel 1914, la mastodontica abbondanza di questi solitamente minuscoli animali sulla Terra: i nematodi. Raramente si sente parlare di loro a meno di qualche sventurato evento, in quanto alcuni di loro sono parassiti dell’uomo e degli animali domestici.
I nematodi, composti da oltre un milione di specie, sono probabilmente gli animali pluricellulari più diversi e numerosi che vivono nel suolo e negli ambienti acquatici. Nonostante ciò, sono tra gli organismi meno studiati con meno dello 0,01% della loro diversità di specie descritta fino ad oggi. Per dare l’idea di quanto poco li conosciamo, Cristina Gambi, primo nome dell’articolo, ha pubblicato recentemente un altro articolo in cui assieme ai colleghi ha campionato dei nematodi dalla costa israeliana del Mediterraneo: delle 65 specie raccolte, il 62% è stato riportato per la prima volta.
Ed è proprio la loro diversità in un dato habitat che può fornire informazioni sulla biodiversità complessiva: spesso un’alta diversità di nematodi è associata a ecosistemi sani e ben funzionanti.
Anche se tendenzialmente non li vediamo o li incontriamo direttamente, i nematodi svolgono ruoli ecologici importanti, come la decomposizione della materia organica e il corretto funzionamento del ciclo dei nutrienti. La loro presenza può indicare la funzionalità dell’ecosistema, diventando così indicatori di disturbi ecologici, come la contaminazione del suolo. Essendo sensibili ai cambiamenti nelle condizioni ambientali, come la qualità del suolo, la presenza di inquinanti e le variazioni climatiche, un monitoraggio dei nematodi può aiutare a identificare problemi ambientali e aiutare a riflettere la salute dell’ecosistema.
Sono, in altre parole, dei piccoli vermicelli con delle grandissime potenzialità da poter indirizzare per aiutarci ad aiutare l’ambiente in cui viviamo.ù
Il valore nascosto delle praterie di mare
Il team di ricercatori apre il suo articolo scientifico così: “Le praterie di FM sono presenti in sei bioregioni globali che abbracciano i mari tropicali e temperati e una sintesi basata sulla più ampia raccolta di mappe di distribuzione spaziale delle praterie di marine riporta una copertura globale di FM di 177.000 km2”. Sommate tutte insieme, coprono un’area maggiore di tutta la Tunisia (163,610 km2).
Le praterie di mare, composte da specie come Cymodocea nodosa, svolgono un ruolo cruciale per gli ecosistemi costieri. Queste piante forniscono servizi ecosistemici fondamentali, tra cui la protezione delle coste dall’erosione, il supporto alla biodiversità marina e il sequestro del carbonio, che contribuisce alla mitigazione del cambiamento climatico. Inoltre, le praterie marine fungono da rifugio e fonte di cibo per molte specie marine, tra cui pesci e invertebrati, favorendo così anche la produzione ittica. Purtroppo, a causa dell’inquinamento e del cambiamento climatico, molte di queste praterie stanno sparendo e con loro tutti i benefici ecosistemici appena descritti.
Per questo motivo, il team di ricercatori e ricercatrici dell’Università Politecnica ha pensato bene di coltivarne di nuove a Gabicce Mare (Marche), utilizzando Cymodocea nodosa, una specie tipica e molto abbondante in quella zona. Le praterie sono state trapiantate in aree prive di vegetazione e monitorate per un anno. La parte di costa di Gabicce Mare scelta perché parte di un Sito di Importanza Comunitaria e di un’area rilevante dal punto ecologico, con una ricca diversità di fauna oltre che di FM. Nonostante ciò, dal 1973 ha visto più o meno un costante degrado, prima a causa dell’uomo, e dell’impattante sviluppo urbano e turismo, poi, dal 2007, “è stata osservata un’ulteriore significativa perdita di habitat apparentemente correlata alle ondate di calore associate all’aumento delle pressioni antropiche”.
Sono stati monitorati per un anno 3 diversi tipi di area studio, o plot: le FM donatrici (praterie naturali), dove le praterie erano ancora presenti, le FM trapiantate (praterie restaurate), ossia aree in cui le praterie erano sparite e sono state ritrapiantate dai ricercatori, e i sedimenti privi di vegetazione. Come valutare, quindi, le differenze e l’andamento durante l’anno, di queste tre aree distinte? È qui che subentrano i nematodi. Per valutare, durante l’anno di osservazione, l’andamento di questi tre diversi plot, sono stati prelevati dei campioni di sedimento del fondale marino e sono stati analizzati i nematodi presenti, la quantità di specie diverse comuni per tutti e 3 oppure esclusive per i singoli plot, e il livello di “maturità”.
I risultati mostrano che un anno dopo il trapianto, la biodiversità dei nematodi nelle praterie restaurate era simile a quella delle praterie naturali, suggerendo un processo di recupero in corso. Le praterie restaurate ospitavano un mix di specie uniche, evidenziando l’efficacia dell’intervento di restauro nel promuovere la diversità. Il turnover delle specie era maggiore nelle praterie restaurate rispetto alle aree prive di vegetazione, segnalando una colonizzazione in corso. Servirà sicuramente un monitoraggio a lungo termine, ma dato il grande recupero delle funzioni ecologiche delle praterie restaurate, i risultati sono promettenti.