Non è solo una questione di grandi mammiferi carismatici: anche i piccoli mammiferi italiani, come arvicole, topi e talpe, necessitano di protezione per il ruolo cruciale che hanno negli ecosistemi in cui vivono e da cui noi dipendiamo. Nel 2023 uno studio pubblicato su Hystrix, the Italian Journal of Mammalogy evidenzia la mancanza di tutele per questi animali. Come scrivono gli autori in apertura dell’articolo: “Il primo passo per garantire la conservazione delle specie è la loro protezione legale. Leggi, direttive e accordi nazionali e internazionali proteggono molte specie a diversi livelli, vietandone o regolandone lo sfruttamento, il commercio o addirittura garantendone la totale protezione”.
Sono 20 le specie di piccoli mammiferi nativi elencati dai ricercatori, tra cui alcune endemiche e sub-endemiche dell’Italia, che non rientrano nella Legge 11 febbraio 1992, n. 157. Anzi, ne sono state proprio escluse, come si evince dall’articolo 2.2: “Le norme della presente legge non si applicano alle talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti, alle arvicole”, senza però offrire una lista esaustiva delle varie specie.
Chi sono e perché sono importanti
La legge 157/1992 a tutela della fauna selvatica, esclude quindi i topi, le talpe, le arvicole e i ratti dalla lista delle specie protette. Mentre i ratti (Rattus spp.) e i topi domestici (Mus domesticus) sono specie che sono state introdotte in Italia, le altre sono endemiche o subendemiche, ossia fanno parte della Penisola da molto tempo, abitando delle aree specifiche e circoscritte.
Questa esclusione è stata probabilmente dovuta all’idea diffusa che questi animali possano essere dannosi per le coltivazioni o per la salute pubblica, consentendone un controllo e una gestione dirette senza la necessità di autorizzazioni. Tuttavia, recentemente, molte di queste convinzioni sono state smentite, facendone emergere il ruolo nella catena alimentare e per i servizi ecologici, come la dispersione dei semi e il controllo delle popolazioni di insetti.
Le talpe (Talpa caeca, T. romana, T. europaea), per esempio, non danneggiano giardini, orti e coltivazioni per mangiare verdura, frutta e radici perché si nutrono esclusivamente di insetti e piccoli invertebrati e il loro lavoro di scavo contribuisce alla salute del suolo. Questi mammiferi, spesso etichettati come “parassiti” svolgono ruoli essenziali nell’ecosistema, fungendo anche da fonte di cibo per i predatori e contribuendo alla biodiversità attraverso attività come la dispersione dei semi.
Tra i mammiferi non protetti troviamo varie specie di arvicole, talpe e topi selvatici, tra cui l’arvicola italiana (Arvicola italicus), il topo selvatico alpino (Apodemus alpicola) e la talpa romana (Talpa romana), tutte specie con un raggio di distribuzione ridotto o in habitat specifici. Molti di questi animali sono nativi e si trovano in poche aree italiane o europee, ma – nonostante la loro unicità – non hanno protezione.
I dati (assenti) e le ragioni per un cambiamento normativo
Lo studio, quindi, cerca di descrivere lo stato di salute e di protezione di questi piccoli mammiferi, appartenenti al territorio italiano da molto tempo. La mancanza di conoscenza sul loro stato di conservazione, unita ai rischi ecologici che affrontano, rende urgente un intervento a livello legislativo. Un elemento che emerge dall’analisi e che accomuna tutte le specie osservate è l’assenza di dati e informazioni sufficienti per fare il punto sul loro stato di conservazione: da quanti individui è composta la popolazione, che aree abitano esattamente, si stanno adattando al cambiamento climatico e stanno trovando nuove aree abitabili?
Per esempio, le specie appartenenti alla famiglia Micotus, spesso oggetto di controllo in Italia per il loro impatto negativo soprattutto nei frutteti e coltivazioni. La mancanza di dati, informazioni dettagliate, leggi adeguate e i danni economici che causavano hanno portato a una loro gestione spasmodica con l’uso di rodenticidi anticoagulanti. “Tuttavia – spiegano i ricercatori – i risultati non sono sempre soddisfacenti in termini di riduzione del danno. Inoltre, l’uso di rodenticidi comporta rischi significativi di intossicazione secondaria per i numerosi predatori dei topi (principalmente carnivori e rapaci notturni e diurni)”.
Gli autori evidenziano la responsabilità dell’Italia nel proteggere queste specie: l’assenza di normative specifiche ne ostacola infatti la conservazione, limitando le risorse per la ricerca e per i piani di gestione ambientale. “Tra questi piccoli mammiferi, sette specie su venti (35%) sono endemiche o subendemiche, la cui conservazione è di competenza dell’Italia” conclude il gruppo di ricerca. Inserire tali mammiferi nella lista delle specie tutelate permetterebbe di incentivare la ricerca e un’adeguata raccolta dei dati e di mettere in atto azioni mirate per preservare gli habitat fondamentali alla loro sopravvivenza. In un contesto di crisi climatica e di crescente pressione antropica sugli ecosistemi, agire ora per garantire un futuro a questi piccoli abitanti è fondamentale per l’equilibrio degli ecosistemi e della biodiversità.