Dagli animali presenti nelle città fino ai video che mostrano degli esemplari passeggiare tranquillamente in spiaggia vicino a persone sdraiate a prendere il sole, quando si parla di cinghiali in Italia la situazione tende a volgere sempre più verso la commedia. I cinghiali però sono nel nostro Paese non sono una specie aliena, bensì una componente naturale della nostra fauna. È vero, però che è un animale che dev’essere monitorato attentamente. Secondo l’Ispra infatti, la popolazione dei cinghiali in Italia è di almeno un milione e mezzo di animali e gli importi annuali dei danni all’agricoltura oscillano tra 14,6 e 18,7 milioni di euro, con una media annuale pari a oltre 17 milioni di euro.
Dati non banali che fanno capire l’importanza di un reale monitoraggio.
Uno studio, intitolato Seasonal and Ecological Determinants of Wild Boar Rooting on Priority Protected Grasslands ha voluto proprio esplorare i fattori stagionali ed ecologici che influenzano l’attività dei cinghiali in habitat di prateria protetti. L’analisi, pubblicata su Springer Nature, si è concentrata nella regione centrale dell’Italia. La ricerca ha avuto come obiettivo la comprensione dell’impatto che i cinghiali hanno sugli ecosistemi, specialmente in praterie che ospitano specie e habitat di elevata rilevanza conservazionistica secondo la direttiva Habitat dell’Unione Europea.
Lo studio
Come hanno dichiarato gli stessi ricercatori, “gli ungulati selvatici possono influenzare vari livelli trofici, regolando l’abbondanza dei carnivori e influenzando la struttura dell’habitat. Possono sorgere però problemi di conservazione quando elevate densità di cinghiali minacciano specie o habitat di interesse per la conservazione”. Valutare i fattori che influenzano l’intensità del loro impatto è quindi importante per riuscire ad identificare misure appropriate che migliorino la conservazione dell’habitat.
Lo studio si è concentrato su tre aree protette dell’Italia centrale, stimando stagionalmente il radicamento in 126 aree di campionamento dalla primavera 2019 alla primavera 2021. Queste stime variavano rispettivamente da 3,5 a 22,2 individui per chilometro quadrato in aree che ospitano una notevole biodiversità e forniscono servizi ecosistemici essenziali.
Sappiamo che i cinghiali sono noti per il loro ruolo di “ingegneri ecosistemici”, ma quando le popolazioni raggiungono densità elevate, i loro effetti sugli habitat possono diventare distruttivi, causando l’erosione del suolo, la perdita di specie vegetali autoctone e la compromissione delle strutture delle praterie. Proprio per questo i ricercatori hanno provato a capire i fattori ambientali e stagionali che determinano l’intensità dell’attività dei cinghiali, l’impatto che ha tale attività sulla conservazione degli habitat protetti per poi cercare di fornire raccomandazioni per la gestione efficace delle praterie proprio in relazione alla presenza dei cinghiali.
La metodologia
Lo studio è stato condotto in tre aree protette in Toscana: il Parco Regionale della Maremma (MRP), la Riserva Naturale di Monte Penna (MPNR) e la Riserva Naturale dell'Alpe della Luna (ALNR). Queste aree sono caratterizzate da praterie montane e submontane che ospitano una varietà di specie vegetali e animali di interesse conservazionistico.
Il Parco regionale della Maremma ha un’altitudine massima di 417 metri ed è caratterizzato da un clima tipicamente mediterraneo. La Riserva naturale di Monte Penna invece ha un’altitudine massima di 1106 metri ed è in gran parte caratterizzato da colline calcaree e da grotte e fenomeni carsici come sistemi sotterranei e doline. Il paesaggio è dominato da un mosaico di foreste alternate a pascoli, radure e affioramenti rocciosi.
Il luogo più alto infine è la Riserva Naturale dell’Alpe della Luna, che arriva a 1453 metri ed è situato sulla dorsale appenninica con un paesaggio dominato da foreste. Queste aree ospitano popolazioni di cinghiali con una densità diversa da luogo a luogo.
Da giugno 2019 a giugno 2021, i ricercatori hanno stimato stagionalmente la presenza dei cinghiali nelle zone di habitat di prateria, utilizzando un approccio basato su parcelle. L’attività degli animali infatti è stata monitorata utilizzando 126 parcelle di campionamento, in cui sono state effettuate osservazioni dirette dell’intensità stessa e sono state raccolte informazioni sulla densità di cinghiali tramite conteggio delle feci. La tecnica utilizzata è stata quella del tasso di accumulo fecale, un metodo che prevede di visitare la stessa parcella due volte. In una prima indagine si ripulisce la zona da tutte le feci di cinghiale, una seconda indagine invece, condotta 35-40 giorni dopo, basata sulla decomposizione delle feci di cinghiale, si fa per contare tutte le feci di cinghiale accumulate nella parcella dal giorno della bonifica. L’importanza poi di effettuare queste analisi su base stagionale è per rilevare le variazioni in base ai cambiamenti climatici e alle disponibilità delle risorse alimentari.
Il radicamento dei cinghiali
Il primo chiaro risultato della ricerca è stato quello di confermare come il radicamento dei cinghiali abbia una forte stagionalità, con un picco in autunno e inverno. Una tendenza facilmente spiegabile con il fatto che in determinati periodi ci sono condizioni meteorologiche più favorevoli, come ad esempio più precipitazioni che ammorbidiscono il terreno e facilitano l’attività. Durante i mesi più secchi di primavera ed estate infatti, questa si è ridotta, in quanto il terreno più duro rende più difficile l'accesso alle risorse alimentari sotterranee. I dati raccolti hanno evidenziato che il radicamento dei cinghiali è influenzato non solo dalle precipitazioni, ma anche da fattori ambientali. In primo luogo la presenza degli animali è risultata inversamente correlata alla copertura rocciosa e alla pendenza del terreno. Le aree con elevata copertura rocciosa e forte pendenza sono state meno frequentate così come la presenza di copertura forestale nei pressi delle parcelle di prateria ha mostrato una correlazione positiva con la presenza animale. I cinghiali preferiscono habitat ecotonali, ovvero le zone di transizione tra foresta e prateria, dove trovano sia riparo che accesso a risorse alimentari diversificate.
Come abbiamo visto ad inizio articolo, l’impatto, anche economico, dei cinghiali è rilevante. Da qui nasce la grande esigenza di avere una corretta gestione della specie e del suo rapporto sia con gli habitat sia con l’uomo. L’obiettivo è quello di mitigare gli effetti negativi sugli habitat e sulle specie con interesse per la conservazione e questo si può fare solo conoscendo a fondo le abitudini della specie. Lo scopo di questa ricerca, di conseguenza, risulta essere un tassello molto importante da questo punto di vista.