All’interno del National Biodiversity Future Center la citizen science è tema presente e molto usato. Ne è riprova, tra gli altri, anche uno studio che si è basato proprio sui dati recuperati attraverso l’attivismo dei cittadini per analizzare l’interazione tra i cani domestici e la fauna selvatica in Italia. Lo studio, pubblicato nel 2023 su Springer Nature ed intitolato “Citizen science and diet analysis shed light on dog-wildlife interactions in Italy”, ha voluto approfondire il il potenziale impatto dei cani “liberi”i sulla fauna selvatica italiana. Il focus è stato sulla predazione, sulla competizione tra animali e sull’eventuale trasmissione di patogeni.
La libertà dei cani non significa randagismo, bensì i momenti in cui gli animali domestici, liberi di muoversi, interagiscono con le varie specie selvatiche. L’approccio che hanno utilizzato gli autori dello studio è stato duplice: da un lato si sono serviti dei dati raccolti tramite la citizen science, dall’altro si sono focalizzati sulla dieta dei cani. Nel primo caso i dati di citizen science sono stati ottenuti tramite dei sondaggi online sui social network, e consistevano in foto di fauna selvatica uccisa o molestata dai cani. Questo nel periodo di tempo che va dal 2002 al 2022. Degli ulteriori dati poi, dichiarano gli autori, sono stati raccolti da degli articoli di giornale, riviste, notizie web e televisione.
La seconda parte, cioè quella relativa alla dieta dei cani domestici, è stata possibile grazie all’analisi di escrementi raccolti nelle campagne dell’Italia centrale tra il 1998 e il 1999. Per quanto riguarda la citizen science il campione è stato di 589 registrazioni, cioè di fatto di quasi 600 diversi “attacchi”. Di queste i cani hanno attaccato e ucciso 95 specie, per lo più mammiferi e uccelli, comprese specie di piccola selvaggina. Più del 90% degli attacchi, inoltre, sono stati causati da cani senza guinzaglio o randagi.
Le aggressioni
L’analisi di queste aggressioni ha permesso di scoprire che sono avvenute principalmente nei mesi più caldi, in particolare tra marzo e agosto, e che coincidono con le stagioni riproduttive di molte specie selvatiche. Tra le specie attaccate poi, vi sono alcune di interesse conservazionistico, come la Mustela putorius, cioè la puzzola, l'Istrice Hystrix cristata e specie endemiche italiane come la Lepre corsicana.
La dieta
L'analisi della dieta invece, ha rilevato che i cani “liberi” si nutrono prevalentemente di mammiferi, tra cui cinghiali e lepri europee, ma anche di materiali amorfi, probabilmente cibo per animali domestici, e resti di pecore.
I risultati
Le conclusioni dello studio, che partono dalla premessa che a livello globale i cani domestici nel 2018 erano oltre 470 milioni, mette nero su bianco il fatto che questi siano una minaccia significativa per la fauna selvatica in Italia, attraverso predazione, disturbo e competizione per le risorse.
Cifre che naturalmente aumentano considerevolmente se si considerano i cani e gatti randagi. La maggior parte degli eventi, cioè il 95,75% del totale, si è conclusa con la morte dell'individuo attaccato, mentre nel 2,89% dei casi questo è stato ferito ma è sopravvissuto all'attacco. Il restante 1,36% non è stato fisicamente danneggiato, ma è stato disturbato in fasi sensibili del ciclo di vita come nidificazione, cura parentale o alimentazione. Dati che fanno capire come le interazioni tra animali domestici e fauna selvatica non siano per nulla irrilevanti e che meritino un’attenzione particolare e una gestione più responsabile da parte dei proprietari di cani.