Le ostriche e la salute del nostro mare

Jul 2025 – Benedetta Pagni

Nelle ultime settimane di febbraio, il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha proposto di abbassare l’IVA sulle ostriche. Ma considerate le condizioni ambientali in cui viviamo, sia noi che loro, forse dovremmo proporre prima di aumentare lo stato di salute dei mari e il livello di monitoraggio di questi animali. Una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Aquaculture si è interrogata proprio su un problema poco noto, ma di grande rilevanza ecologica e commerciale: l’infezione delle ostriche piatte europee da parte del verme Polydora hoplura, un parassita perforatore di conchiglie. 

Lo studio, condotto nel Golfo di Napoli, ha mostrato che tutte le ostriche esaminate erano infestate da questi vermi, con danni significativi alle valve, cioè le conchiglie. Ma la novità più importante è un’altra: i ricercatori hanno scoperto che questi vermi ospitano comunità microbiche estremamente eterogenee, alcune delle quali contengono batteri potenzialmente patogeni per le ostriche stesse e, indirettamente, per i consumatori umani.

Perché studiare i microbi delle ostriche (e dei loro parassiti)

“La caratterizzazione delle comunità microbiche associate ai parassiti Polydora, da un lato, potrebbe svelare interazioni simbiotiche che facilitano l’adattamento agli habitat che perforano le conchiglie, mentre dall’altro potrebbe rivelare questi policheti come vettori di agenti patogeni, in grado di infestare popolazioni di bivalvi commestibili a livello globale” scrive il team di ricerca. Comprendere, quindi, la biodiversità microbica associata a parassiti marini come il polichete P. hoplura è importante in un contesto di cambiamenti ambientali e di traffici marittimi sempre più diffusi. I mari sono ecosistemi complessi e ogni elemento che li compone gioca un ruolo fondamentale per il loro equilibrio.

La biodiversità non è solo varietà di specie, ma anche varietà di relazioni e la salute del microbioma marino è un indicatore dello stato del mare. Se le comunità microbiche si alterano, anche l’ecosistema ne risente, con conseguenze potenziali per l’ecosistema stesso e la sicurezza alimentare.

La ricerca ha mostrato che i batteri associati a P. hoplura non hanno un microbioma fisso, legato alla propria specie. Al contrario, questi vermi scavatori di ostriche mostrano una comunità microbica molto varia e fluttuante, formata anche da batteri “presi in prestito” dall’ambiente circostante e dalla stessa cavità interna delle ostriche che invadono. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che alcuni di questi microrganismi potrebbero aiutare il verme a sopravvivere in condizioni diverse, come gli ambienti interni alla conchiglia poveri di ossigeno e ricchi di detriti. Tuttavia, sono stati individuati anche batteri opportunisti e potenzialmente patogeni come Mycobacterium e Vibrio. La loro presenza, combinata con l’infezione dei vermi, potrebbe rappresentare un rischio concreto per la salute delle ostriche, per la loro commerciabilità e persino per la sicurezza alimentare di chi le consuma.

Cosa hanno scoperto i ricercatori e le ricercatrici

I ricercatori hanno esaminato 12 ostriche provenienti da un allevamento sperimentale al largo di Castel Volturno, nel Mar Tirreno. Ogni ostrica era infestata da un minimo di uno a un massimo di tre esemplari di P. hoplura, riconoscibili per le gallerie a forma di U che scavano nella conchiglia, accompagnate da odori sulfurei e accumuli di fango. “P. hoplura è stato originariamente descritto come un “trivellatore” di conchiglie nel Golfo di Napoli da Claparède nel 1868”, si legge in un articolo pubblicato su Zootaxa nel 2017.

Gli stessi autori hanno anche accompagnato l’articolo con una mappatura delle identificazioni nel mondo di questo piccolo verme. I numeri in rosso identificano la specie P. hoplura, mentre in verde P. uncinata. Le località comprendono: Italia, Francia (Mediterraneo e Atlantico), Isole Britanniche, Spagna (Mediterraneo e Atlantico), Paesi Bassi, Belgio, Montenegro, Portogallo, Croazia, Grecia, Turchia, Sudafrica, Nuova Zelanda, Australia, Tasmania, Tunisia, Brasile, Stati Uniti, Giappone, Cile e Corea del Sud.

Le aree in cui è stata identificata Polydora hoplura

Dopo l’analisi delle ostriche, il team si è dedicato alla caratterizzazione dei vermi, identificando, per la prima volta, le sequenze genetiche dei mitocondri, dei piccoli organelli presenti nelle cellule, di P. hoplura. Questo ha portato alla scoperta di tre diverse combinazioni genetiche, fra cui una identica a quella di popolazioni sudafricane. Questo suggerisce una possibile introduzione recente da zone geografiche lontane, probabilmente a causa delle attività di acquacoltura o del traffico navale.

E non solo. Il team di ricerca ha indagato anche i microbiomi associati a questi vermi attraverso il sequenziamento del gene 16S rRNA – un componente caratteristico dei batteri. Sono state identificate 701 varianti batteriche, suddivise in 25 phyla e 237 generi. Tra questi, spiccano i generi Mycobacterium, Vibrio e Aliiroseovarius, noti per la loro patogenicità sia negli animali marini che, talvolta, negli esseri umani. Altri batteri identificati potrebbero svolgere funzioni benefiche per il verme, come la detossificazione dei metalli pesanti o la gestione dei rifiuti azotati, essenziali per la sopravvivenza in ambienti anaerobici come le gallerie scavate nelle valve.

Ma c’è un problema: queste comunità microbiche sono estremamente variabili e meno stabili rispetto a quelle di altri organismi marini come coralli e spugne. Questo suggerisce una forte influenza ambientale e la possibilità che i vermi agiscano come vettori di batteri opportunisti, destabilizzando ulteriormente il microbioma delle ostriche. Un rischio potenziale non solo per la salute degli animali, ma anche per la qualità del prodotto destinato al consumo umano.

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