Esistono zone che, nonostante in determinati periodi dell’anno di fatto scompaiono, sono fondamentali per la conservazione della biodiversità Sono stagni temporanei, o per meglio dire dei Mediterranean Temporary Ponds (MTPs). Rientrano all’interno della rete Natura 2000, nella più ampia categoria di zone umide denominate zone umide temporanee (temporary wetlands). L’importanza naturalistica delle zone umide temporanee è riconosciuta a livello internazionale nella risoluzione VIII.33 della Convenzione Ramsar che ha l’obiettivo di proteggere le zone umide di importanza internazionale.
Le Zone Ramsar sono, ad oggi, oltre 2.500 in tutto il mondo l’Italia ne conta oltre 57 distribuite in 15 Regioni.
Stagni temporanei mediterranei
Gli stagni temporanei mediterranei si trovano in tutte le regioni a clima mediterraneo e si formano in depressioni naturali poco profonde, dove il terreno argilloso o roccioso impedisce all’acqua piovana di infiltrarsi. Di fatto, data la loro conformazione, con l’arrivo dell’autunno e delle piogge, queste conche si riempiono, dando vita a piccoli laghi temporanei che possono durare da poche settimane a diversi mesi, per poi asciugarsi completamente in estate.
È proprio questa alternanza tra periodi umidi e secchi a rendere gli MTPs speciali e ricchi di biodiversità. Come dice la ricercatrice Simonetta Bagella nel suo paper pubblicato su Springer Nature, gli stagni temporanei mediterranei sono un esempio affascinante di equilibrio ecologico precario. Appaiono e scompaiono con le stagioni, spesso durano solo poche settimane, ma durante quel breve intervallo ospitano una ricchezza biologica straordinaria: anfibi, insetti rari, piante endemiche e una miriade di microrganismi che hanno imparato ad adattarsi a un ambiente estremo e imprevedibile.
Lo studio
Dal 1992, l’UE include questi stagni tra gli “habitat prioritari” nella Direttiva Habitat. Il loro codice nella Rete Natura 2000 è 3170. Questo dovrebbe garantire una protezione speciale, con misure specifiche nei siti della Rete Natura 2000. In realtà, esiste un divario evidente tra riconoscimento giuridico e applicazione concreta, non solo per cause ambientali, ma anche per la mancanza di una visione chiara e condivisa sul loro valore. È proprio da queste premesse che parte la ricerca di Bagella che ha fatto una revisione della letteratura disponibile. Ha utilizzato i motori di ricerca Google Scholar, Scopus e WOS, verificando manualmente la presenza di "Mediterranean Temporary Ponds" e "Mediterranean Temporary Ponds" + 3170* . Gli articoli estrapolati sono poi stati suddivisi in due gruppi: quelli "specifici", cioè incentrati esclusivamente sugli MTP, e quelli "generici",i che considerano diversi tipi di habitat. È stata poi analizzata la posizione geografica, la tematica principale dell’articolo e le componenti, cioè il gruppo di organismi o fattori abiotici considerati negli articoli di ricerca analizzati.
In tutto i documenti contenenti la stringa "Mediterranean Temporary Ponds" erano 1.655 da Google Scholar, 914 da Scopus e 96 da WOS. Tuttavia, quelli relativi a "Mediterranean Temporary Ponds" + 3170*" erano 365 in GoogleScholar, 51 in Scopus e 7 in WOS. Per effettuare un'analisi più approfondita, sono stati considerati - infine - solo i risultati di Google Scholar e solo i documenti in cui il codice 3170* era esplicitamente menzionato e pubblicato in extenso su riviste scientifiche: in totale 141 articoli. Nel 64% dei casi, gli studi non sono esplicitamente focalizzati sull'habitat 3170* ma includono diverse tipologie di habitat o si riferiscono genericamente alla Rete Natura 2000.
La maggior parte della ricerca è stata condotta in Italia, tra Puglia, Sicilia e Sardegna.
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Il 16,9% e il 18,4% degli articoli sono invece stati riferiti rispettivamente a Portogallo e Spagna, inclusi quelli genericamente riferiti alla Penisola iberica. In Portogallo, la ricerca si è concentrata sull'area meridionale, Ribatejo, Monfurado, Alentejo e Algarve, ma sono state indagate anche le aree continentali e le Azzorre. In Spagna, l'area maggiormente indagata è stata il Parco Naturale di Doñana. Il 9,6% degli articoli è stato riferito alla Grecia, principalmente dalla parte sud-orientale, dove si concentrano principalmente i Mediterranean temporary ponds. A Francia e Montenegro si riferisce solo il 2,9% degli articoli, mentre l'Albania è stata citata nell'1,5% degli articoli. Infine, Croazia, Cipro e Malta sono stati rappresentati solo nello 0,7% degli articoli. Considerando la superficie occupata dall'habitat 3170* negli Stati membri dell'UE, la ricerca ha riscontrato una correlazione positiva (P < 0,05) con il numero di articoli pubblicati.
I risultati
Lo studio ha evidenziato che per gli stagni temporanei mediterranei c’è un grande interesse da parte della comunità scientifica, ma allo stesso tempo anche diversi problemi e lacune di conoscenza legati all’uso dell’espressione Mediterranean Temporary Ponds.
Come ha dichiarato Bagella nelle sue conclusioni “’analisi della letteratura ha mostrato che questa espressione è comparsa solo dopo l’emanazione della Direttiva Habitat; ci si sarebbe dunque aspettati una forte correlazione con l’habitat 3170*. Sorprendentemente, non è così”.
Un’espressione che non esisteva prima di questa direttiva, che nel tempo è andata via via crescendo nel suo utilizzo ma che solo in minima parte è stato effettivamente associato all’habitat 3170*. Questo ha creato molta confusione nell’identificazione dell’habitat e soprattutto ha fatto in modo che nel tempo si sia perso “l’habitat 3170*” e che quindi il termine di fatto sia stato abusato anche per territori che non erano realmente dei MTPs.
E poi c’è un problema di distribuzione. Questi Mediterranean Temporary Ponds infatti possono essere presenti anche in altre regioni, non strettamente mediterranee come quella alpina, atlantica o continentale. La stessa cartina con alcuni MTPs italiani che vediamo qui sopra soffre di alcune lacune e non può essere esaustiva. “Occorre incoraggiare studi in tutte le aree potenzialmente idonee, comprese quelle non appartenenti all’UE, come Albania e Montenegro, dove l’habitat 3170* è già stato segnalato - ha continuato Bagella -. Dal punto di vista biogeografico e biologico, sarebbe inoltre interessante considerare anche studi condotti in aree extra-UE dove i MTP sono presenti, ad esempio in Tunisia, Marocco e California.Nonostante l’interesse scientifico per gli MTPs sia cresciuto negli ultimi anni, esistono ancora diverse lacune nella loro conoscenza. “Una corretta identificazione dell’habitat è fondamentale per stabilire e attuare obiettivi e misure di conservazione coerenti con la strategia UE sulla biodiversità per il 2030, e per selezionare le aree più adatte alla protezione - conclude lo studio -. L’ultima raccomandazione è di associare sempre il codice 3170* all’espressione Mediterranean Temporary Ponds e di usare questa espressione solo quando sia documentata la presenza dell’habitat 3170*. Solo con queste premesse sarà possibile garantire prospettive di conservazione concrete per questo habitat nel medio-lungo termine, attraverso una corretta mappatura sia all’interno che all’esterno della rete Natura 2000 e tramite la valutazione del suo stato di conservazione attraverso le azioni periodiche obbligatorie di monitoraggio e rendicontazione previste dall’Articolo 17 della Direttiva Habitat”.