Nonostante l’immagine bucolica che si può figurare nella mente quando si pensa a un vigneto in Italia, a volte bisogna avvicinarsi per vederne tutti i dettagli e avere un quadro più completo. Passeggiando, infatti, tra i vigneti in Italia, pochi immaginano che queste distese di filari possano avere un impatto significativo sugli impollinatori, quegli insetti indispensabili per la riproduzione delle piante e la produzione di cibo.
Uno studio recente, pubblicato su Agriculture, Ecosystems & Environment, ha analizzato come la gestione dei vigneti nel Nord Italia influenzi la biodiversità degli impollinatori, rivelando che fattori come il tipo di agricoltura, la vegetazione floreale, il clima e la stagionalità giocano un ruolo cruciale. Quello che emerge è che i vigneti gestiti con pratiche biologiche e caratterizzati da una maggiore diversità floreale ospitano una popolazione di impollinatori molto più ricca rispetto a quelli gestiti con metodi convenzionali. Al contrario, l’uso intensivo di pesticidi e la riduzione della copertura vegetale riducono drasticamente la presenza di questi insetti fondamentali.
Nuovi strumenti per sostituire l’agricoltura intensiva
Studiare l’interazione tra agricoltura e impollinatori è essenziale per comprendere gli effetti delle attività umane sugli ecosistemi e per individuare strategie più sostenibili. Gli impollinatori, come api (da miele e selvatiche), farfalle e sirfidi, sono responsabili della riproduzione di oltre il 75% delle colture alimentari, ma le loro popolazioni sono in declino a causa di cambiamenti climatici, perdita di habitat e agricoltura intensiva. In un contesto come quello italiano, caratterizzato da un forte legame con la viticoltura, il modo in cui vengono gestiti i vigneti può avere conseguenze importanti sulla biodiversità locale e sulla produttività a lungo termine.
L’agricoltura intensiva, che prevede l’uso massiccio di pesticidi e fertilizzanti chimici, sta impoverendo il suolo e riducendo le fonti di nutrimento per gli impollinatori. Questo modello produttivo, nato per massimizzare la resa nel minor tempo possibile, ha effetti collaterali gravi: degrado del suolo, riduzione della biodiversità e maggiore vulnerabilità delle colture ai cambiamenti climatici. Inoltre, le monocolture tipiche dell’agricoltura industriale riducono drasticamente la varietà di piante disponibili per gli impollinatori, privandoli di risorse essenziali per la loro sopravvivenza.
Esistono, però, alternative valide e sostenibili. L’agricoltura rigenerativa, l’agroecologia e il biologico sono modelli che puntano a conciliare produttività e rispetto dell’ambiente. Tecniche come la rotazione delle colture, l’uso di siepi e fioriture spontanee nei campi e la riduzione dei pesticidi permettono di mantenere un equilibrio tra produzione agricola e conservazione della biodiversità. Nei vigneti, per esempio, la presenza di fasce fiorite tra i filari può attirare impollinatori e predatori naturali dei parassiti, riducendo la necessità di trattamenti chimici e migliorando la salute dell’ecosistema.
I risultati dello studio: cosa dicono i dati
Come scrivono gli autori, l’ipotesi della ricerca era capire “se gli impollinatori possono indicare le migliori pratiche di gestione, per ridurre l’impronta dei vigneti intensivi”. In particolare, “abbiamo voluto testare la risposta degli impollinatori alle diverse condizioni ambientali e alle pratiche di gestione dell’interfila nei vigneti”. Per farlo, sono stati considerati diversi fattori per valutare l’impatto su questi organismi, di cui alcuni specifici sulla gestione della coltivazione: trattamenti organici o convenzionali e copertura, altezza e diversità della vegetazione – e altri sui fattori fisico-chimici ambientali, come la temperatura e l’intensità del vento.
Sono stati campionati 2.020 pollinatori, tra cui farfalle, api da miele, sirfidi e api selvatiche.
Il team di ricerca si è occupato di analizzare i dati degli impollinatori sia nel loro complesso che per singoli gruppi di pollinatori. Si tratta di un dettaglio importante, perché ha permesso sia di avere una panoramica generale di come gli impollinatori rispondono a una serie di stress ambientali e non, sia di far emergere come ognuno di questi gruppi interagisca con essi.

La copertura del suolo offerta dalla vegetazione e la diversità di fiori e piante sono emersi come fattori chiave per promuovere l’abbondanza e la diversità degli impollinatori, come si vede anche dai dati pubblicati dagli stessi ricercatori.
Anche le condizioni ambientali e meteorologiche giocano un ruolo nella diversità e nell’abbondanza degli impollinatori, influenzata soprattutto dal vento forte e favorita da temperature miti dell’aria. Le giornate calde e soleggiate favoriscono l’attività degli impollinatori, mentre condizioni meteorologiche avverse, come vento forte e pioggia, ne riducono drasticamente la presenza.
Nei dettagli, le farfalle sono risultate favorite dalla copertura vegetale al suolo, dalla diversità floreale e dalla temperatura. Le api mellifere hanno mostrato una correlazione positiva con la copertura vegetale e la data di campionamento, mentre sono state influenzate negativamente dai venti moderati e dall’altezza della vegetazione. I sirfidi hanno beneficiato della diversità floreale, ma sono stati penalizzati dal vento. Infine, le api selvatiche sono state favorite dalla copertura vegetale e dalla temperatura, ma influenzate negativamente dalla velocità del vento.

La ricerca ha inoltre messo in evidenza il ruolo cruciale della diversità floreale: più è variegata la vegetazione, più gli impollinatori trovano un ambiente favorevole. Nei vigneti con scarsa copertura vegetale, al contrario, si registra un calo drastico nella presenza di api e farfalle.
Un altro aspetto interessante emerso dallo studio è la distribuzione degli impollinatori nei diversi ambienti dei vigneti. Gli insetti tendono a concentrarsi maggiormente nelle aree con maggiore diversità di specie vegetali, dimostrando come la creazione di habitat ricchi di flora spontanea possa fungere da rifugio per molte specie di impollinatori.
Lo studio sottolinea come la gestione agricola possa influenzare direttamente la biodiversità degli impollinatori e, quindi, la salute degli ecosistemi. “La gestione dell’azienda agricola – scrivono i ricercatori – dovrebbe promuovere la vegetazione spontanea del terreno e mantenere in modo più sistematico la copertura erbacea del terreno, la diversità floristica e le erbe alte”. Il passaggio a metodi di coltivazione più sostenibili, che includano la conservazione della vegetazione spontanea e la riduzione dell’uso di pesticidi, potrebbe garantire un equilibrio tra produzione vitivinicola e tutela della biodiversità. Un obiettivo importante sarebbe quello di promuovere pratiche agricole che non solo salvaguardino la qualità del vino, ma che preservino anche la vita degli impollinatori, essenziali per la produzione alimentare e per la salute dell’ambiente.