In un mondo in cui la biodiversità è sempre più minacciata, le collezioni museali possono giocare un ruolo cruciale nella conservazione e nello studio degli ecosistemi. Un recente studio pubblicato su Diversity ha analizzato la collezione di mammiferi conservata al Museo di Zoologia “Pietro Doderlein” dell’Università di Palermo, rivelando l’importanza di questi reperti per la ricerca scientifica e la conservazione della fauna. La ricerca, condotta nell’ambito del National Biodiversity Future Center, ha censito 679 esemplari appartenenti a 157 specie diverse, molte delle quali minacciate o estinte in natura, come il lupo siciliano (Canis lupus cristaldii), ormai scomparso. Questa raccolta rappresenta un archivio unico per lo studio della biodiversità mediterranea e oltre, offrendo dati preziosi per la genetica, la conservazione e l’ecologia.
Un museo per tutte e tutti: la scienza al servizio della comunità
Il Museo di Zoologia di Palermo non è solo un luogo di conservazione, ma anche un centro di divulgazione e ricerca. Ospitare una collezione così vasta consente agli scienziati di confrontare dati storici con quelli attuali, tracciando l’evoluzione della fauna nel tempo e valutando l’impatto delle attività umane sugli ecosistemi. Inoltre, la digitalizzazione e la catalogazione dei reperti permettono di rendere queste informazioni accessibili a ricercatori di tutto il mondo, promuovendo collaborazioni internazionali. Per i cittadini italiani, l’esistenza di un museo del genere significa poter accedere a una risorsa educativa unica, che avvicina il pubblico alla ricchezza del patrimonio naturale del nostro Paese. La possibilità di vedere da vicino esemplari rari e conoscere la loro storia aiuta a sviluppare una maggiore consapevolezza sulla necessità di proteggere la biodiversità.
Sono, infatti, numerose le specie che si possono osservare all’interno del museo: sebbene in alcune casi protette all’interno di teche di vetro, sono 67 le collezioni impagliate e montate, a disposizione di chiunque visiti il museo.
Cosa raccontano i dati: tra ricerca e conservazione
L’analisi condotta dai ricercatori ha evidenziato la distribuzione geografica degli esemplari, con il 75% proveniente dalla regione Paleartica (Mediterraneo e Nord Africa), ma con una presenza significativa di specie afrotropicali, neotropicali e indomalayane. Un dato particolarmente rilevante è che il 24% delle specie catalogate rientra nelle categorie di minaccia della IUCN, tra cui il gorilla occidentale (Gorilla gorilla), il pangolino della Sonda (Manis javanica) e il lupo siciliano, considerato estinto. La presenza di questi esemplari è fondamentale per studi genetici e filogenetici, che possono fornire informazioni essenziali per progetti di reintroduzione o conservazione.
Nel lavoro di classificazione condotto dagli autori dell’articolo c’è anche il tentativo di classificare le varie specie secondo il sistema di categorizzazione l’International Union for Conservation of Nature (IUCN), offrendo così una panoramica sullo stato di salute di queste specie. Questa organizzazione ha sviluppato, negli anni, uno strumento diffuso a livello globale e molto utilizzato: la Lista Rossa. “La Lista Rossa IUCN – si legge nella descrizione realizzata dalla stessa IUCN – è un indicatore critico della salute della biodiversità mondiale. È uno strumento potente per informare le azioni e le politiche di conservazione. Fornisce informazioni sull’areale delle specie, le dimensioni della popolazione, gli habitat e l’ecologia, l’uso e il commercio, le minacce e le azioni di conservazione che aiutano a informare le decisioni di conservazione”.
Le specie sono classificate in nove categorie principali: estinta, estinta in natura, in pericolo critico, in pericolo, vulnerabile, quasi a rischio, a rischio minimo, dati carenti e non valutata. In particolare, le categorie di specie vulnerabili, in pericolo e in pericolo critico sono considerate a rischio di estinzione.
Il lavoro svolto da ricercatori e ricercatrici dell’Università di Palermo mostra così come i musei non siano semplicemente spazi espositivi, ma veri e propri archivi della biodiversità. In un’epoca in cui molte specie rischiano di scomparire, avere a disposizione un database storico di tale portata è un vantaggio inestimabile per chiunque, da scienziati e scienziate, attivisti e attiviste per l’ambiente, ma anche per i non addetti ai lavori.