Lo sappiamo, lo studio del polline è fondamentale per conoscere il passato. Il polline è un elemento che si conserva molto bene nei sedimenti, nei suoli del passato in quanto molto resistente quindi questo ci permette di capire che flora e che vegetazione c’era.
Il polline nelle Alpi
Le nostre Alpi, oltre ad essere una culla di vita e biodiversità, sono materia di studio approfondito. Dalla flora alla fauna, dalla meteorologia fino alla glaciologia, le montagne del Nord Italia sono le protagoniste di numerose ricerche e forniscono una grande quantità di dati scientifici e di risposte. È proprio dal bel mezzo delle Alpi, ed in particolare da San Michele all’Adige, poco sotto Mezzocorona, che arriva una ricerca di botanica. Franziska Zemmer, ricercatrice NBFC della Fondazione Edmund Mach ha pubblicato, su Science of the Total Environment, uno studio che esamina proprio la biodiversità dei pollini trasportati dall’aria negli ambienti alpini ed cerca di quantificare il loro impatto sulla salute umana.
Il campionamento del polline
Il team di ricerca, composto anche da Antonella Cristofori, Fabiana Cristofolini ed Elena Gottardini, ha campionato il polline raccolto in diverse aree alpine per comprendere la sua origine, la sua variazione stagionale e i suoi effetti sulla biodiversità. Il campionamento è avvenuto grazie a diverse tecniche. Per raccogliere e analizzare i pollini nelle Alpi infatti, i ricercatori hanno utilizzato il campionamento per deposizione, che consiste nel raccogliere i pollini che si depositano naturalmente sulle superfici come cuscinetti di muschio, sedimenti lacustri ma anche campionatori artificiali. Il campionamento volumetrico invece è quello che cattura le particelle aerodisperse, particolarmente utile nelle zone più popolate. Sono state poi utilizzate anche l’identificazione microscopica, che rimane il metodo più diffuso per riconoscere i diversi tipi di polline, ed il DNA metabarcoding, cioè una tecnologia più avanzata che consente di identificare le specie vegetali presenti nei campioni in modo rapido e preciso.
I risultati
I risultati hanno mostrato che i pollini trovati nelle Alpi provengono sia dalla vegetazione locale sia da zone più lontane. Questa, quindi, è la conferma che questi ecosistemi sono connessi ad aree anche molto distanti. Oltre a ciò, studiare i pollini ha portato a confermare come i cambiamenti climatici stiano influenzando anche la vegetazione alpina. Con l’aumento delle temperature infatti, molte specie vegetali stanno modificando il loro habitat, spostandosi verso altitudini più elevate. Questo fenomeno ha portato a una variazione nella composizione del polline presente nelle Alpi. Inoltre, temperature più alte hanno portato anche ad un prolungamento del periodo di fioritura di alcune piante, che si tramuta in una presenza più consistente del polline per periodi più lunghi. Lo studio botanico ha evidenziato anche come alcune specie vegetali stiano diventando predominanti in certe aree, mentre altre stanno diminuendo.
Ma tutto ciò ha implicazioni sulla salute? Chi è allergico lo sa già: in montagna si respira meglio. Ecco, lo studio in questione, invece, mette in allerta sul fatto che indubbiamente la concentrazione di pollini allergenici in alta quota è minore, ma anche in ambienti alpini possono esserci alte concentrazioni. I ricercatori, infine, hanno evidenziato come i periodi di maggiore concentrazione di polline possano coincidere con un aumento delle reazioni allergiche tra gli abitanti e i turisti delle zone alpine. Per questo motivo, un monitoraggio costante del polline in alta quota potrebbe fornire informazioni utili per la prevenzione e la gestione delle allergie stagionali.