Vilfredo Pareto è stato uno dei maggiori economisti e sociologi italiani a cavallo fra il 1800 e il 1900. Dai suoi lavori di analisi dei redditi è stato sviluppato quello che oggi è conosciuto come il principio di Pareto che permette di considerare l’influenza di numerosi fattori in una relazione di causa-effetto. Ed è lo stesso principio che un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova ha provato a usare per determinare la relazione fra la grandezza corporea dei vertebrati terrestri e la lunghezza degli spermatozoi che producono.
Nell’articolo pubblicato su Nature, gli autori scrivono: “Abbiamo ipotizzato che la relazione tra dimensione corporea e lunghezza degli spermatozoi nei tetrapodi derivi da compromessi tra molteplici fattori con potenziali effetti contrastanti”. I tetrapodi sono un supergruppo di animali terrestri a quattro zampe, anche se in alcuni casi non sono visibili perché sono state perse durante l’evoluzione. Infatti, il dataset di animali utilizzato dai ricercatori comprende 231 anfibi, 115 rettili, 399 uccelli e 643 mammiferi, fra cui le balenottere, per un totale di 1.388 organismi.
Perché le cellule spermatiche e non altre cellule?
I tetrapodi sono un enorme gruppo di animali molto diversi fra loro, a partire dalla dimensione corporea. Tuttavia, a questa diversità nella dimensione non corrisponde un'altrettanta variabilità nella grandezza delle cellule che li compongono. In altri termini, le diverse cellule che costituiscono i corpi di una rana e di una balenottera azzurra non riflettono l’enorme differenza di stazza che esiste tra le due specie.
A questo, però, vi sono alcune eccezioni, come quella che hanno studiato i ricercatori e le ricercatrici di Padova: gli spermatozoi, ossia le cellule sessuali maschili che hanno il compito di trasportare metà del genoma del maschio all’ovulo, dove si fonde con la metà materna dando così avvio ad un nuovo individuo. Queste cellule hanno quindi la stessa funzione ma non necessariamente la stessa grandezza e lunghezza: basti pensare che uno degli spermatozoi più grandi identificati fino ad oggi appartiene al moscerino della frutta (Drosophila).
Molti i fattori da considerare
Quello che emerge dalla letteratura scientifica è che i fattori che concorrono alla variabilità nella grandezza degli spermatozoi sono numerosi. Sono stati proposti, come elementi influenti, la massa corporea, il tasso metabolico dell’organismo e la grandezza del genoma della specie. Come spiegano gli autori: “Le dimensioni del corpo possono influenzare l'evoluzione della lunghezza dello sperma attraverso il suo legame con il tasso metabolico e le dimensioni del genoma”.
Poi c’è il tipo di fecondazione, che può essere interna o esterna: generalmente nel primo caso gli spermatozoi tendono a essere più grandi. Poi c’è la competizione spermatica, cioè quando gli spermatozoi di maschi diversi competono per fecondare le stesse uova. In questa situazione, in alcuni casi la pressione selettiva ha portato all'evoluzione della produzione di più spermatozoi e più lunghi, quindi più veloci ma più energeticamente costosi.
Quindi anche la controparte femminile che può influenzare lo dimensione di queste cellule: è noto che all’aumentare della fertilità degli individui femminili del numero di uova disponibili per la fecondazione si associa, in alcune specie di vertebrati, una maggiore lunghezza degli spermatozoi.
L’ottimizzazione delle specie e del sistema di Pareto
Studi precedenti a questo avevano già tentato di spiegare la relazione fra dimensione spermatica e corporea con degli algoritmi lineari, quindi con uno o pochi fattori che andavo a legare in maniera semplice e diretta questa relazione. Ma come abbiamo visto i fattori da considerare sono tanti e variegati, così come le quasi 1.400 specie considerate. Quello di innovativo proposto dal team di Padova è stato di usare il Pareto Multi-Task Evolution Framework (PMTEF) o più semplicemente la multi-ottimizzazione di Pareto. Perché i fattori influenti non solo sono molti, ma possono anche essere contrastanti fra loro.
Gli organismi viventi svolgono molteplici compiti per massimizzare la loro sopravvivenza, venendo a patto con una serie di compromessi poiché spesso questi compiti sono in competizione tra loro, rendendo impossibile per una specie ottimizzare al massimo tutti i compiti. La competizione tra i compiti influenza la selezione dei tratti, portando gli organismi a trovare un preciso equilibrio. Per esempio, il becco dei fringuelli tanto studiato da Darwin, varia in base alla dieta: un becco lungo e sottile è ottimale per sondare nettare e insetti, ma non è adatto a frantumare semi duri. Al contrario, un becco corto e robusto è perfetto per schiacciare semi resistenti, ma inadatto per compiti più delicati.
Applicando il complicatissimo sistema di analisi basato sulla multi-ottimizzazione di Pareto, il primo risultato è che non c’è una relazione lineare ma triangolare (il triangolo di Pareto) tra la lunghezza degli spermi e la massa corporea.
Il vertice in verde, caratterizzato dalle specie con la massa corporea più bassa e la lunghezza delle cellule spermatiche più corta, è popolato principalmente da anfibi. Al contrario, il vertice in grigio, con le specie con lo sperma più lungo e la massa corporea medio-piccola, è popolato da specie di tutte le classi, con molti mammiferi e uccelli, ad eccezione dei rettili. I mammiferi con spermatozoi di lunghezza intermedia e grande massa corporea si trovano al vertice in viola. I rettili, invece, si trovano al centro del triangolo di Pareto, sebbene mostrino un intervallo relativamente ampio sia nella massa corporea che nella lunghezza dello sperma.

Un’altra scoperta che emerge da questo triangolo è che l'evoluzione della lunghezza dello sperma è guidata principalmente dalla competizione spermatica e dalla numerosità della covata o cucciolata, piuttosto che dalla dimensione del genoma portato all’interno dello speramatozoo. In altre parole, gli spermi più lunghi appartengono a specie con un’elevata competizione spermatica e da elevata fecondità.
L’ultimo risultato interessante è il fatto che l’evoluzione ha fatto economia anche sullo spazio da concedere al genoma negli spermatozoi. Da un punto di vista materiale, si è portati a pensare che un grande genoma richiede un grande “contenitore”. È emerso che, in controtendenza rispetto alle ipotesi teoriche, le specie che producono spermi più lunghi hanno in realtà genomi significativamente più contenuti. I genomi più grandi, invece, stanno al vertice viola, con gli animali di massa maggiore e lunghezza spermatico medio-bassa. Una delle speculazioni offerte dai ricercatori è che le specie con spermatozoi più lunghi sono anche quelle dove la competizione spermatica è più forte e dove gli spermatozoi vengono prodotti in abbondanza. Duplicare un genoma di grandi dimensioni è molto costoso per un organismo, che quindi potrebbe tendere a eliminare le parti non vitali.