Semi fantastici e dove trovarli – Parte 2

Oct 2024 – Benedetta Pagni

“I semi, se conservati adeguatamente, possono rimanere vitali per decine, centinaia di anni. È stato anche scoperto e provato con reperti archeologici come la famosa palma da dattero ritrovato a Masada, in Israele. Grazie all’analisi con il carbonio 14, quei semi sono stati datati a circa duemila anni fa. E alcuni di questi semi sono riusciti addirittura a germinare, a dare origine a una pianta che oggi risulta estinta”. È quello che ci racconta Andrea Mondoni, professore associato di botanica ed esperto di ecologia vegetale all’Università di Pavia.

È stato questo uno dei pensieri, come ci spiega il professore, a ispirare e guidare la loro ricerca pubblicata nell’autunno del 2023 e intitolata Fit for the future? Alpine plant responses to climatic stress over two decades of seed bank storage. Utilizzando i semi di una specie erbacea delle zone alpine, il team di ricerca ha scoperto che le piante nate da semi di circa 20 anni fa sono più grandi rispetto a quelle nate da semi più recenti, che con le loro dimensioni ridotte si sono dimostrate più adatte a rispondere a climi siccitosi.

Le banche dei semi al servizio della scienza

Come abbiamo descritto nella PARTE 1, le banche del germoplasma si occupano di raccogliere e conservare semi di diverse specie. “Sono state numerose le domande che hanno guidato il nostro articolo: il sistema di conservazione dei semi funziona? La traslocazione delle piante è fattibile? E, soprattutto, quando li tiriamo fuori, questi semi saranno ancora in grado di generare delle piante adattate a questo ambiente e clima che cambiano?”.

La conservazione ex situ attraverso le banche dei semi è una strategia fondamentale per preservare la diversità genetica delle piante, specialmente quelle minacciate dai cambiamenti climatici e dall’uso del suolo. Tuttavia, oltre alla conservazione, queste banche offrono opportunità uniche per la ricerca scientifica: studiando i semi conservati nel tempo, i ricercatori possono osservare come le piante si adattano ai cambiamenti ambientali.

L’evoluzione contemporanea delle piante alpine

Il contesto climatico in cui sono stati raccolti i semi, vicino alla cima del Monte Prado sugli Appennini tosco-emiliani, è cambiato significativamente negli ultimi decenni, con un aumento delle temperature di circa 0,3 °C per decennio. Un cambiamento che è avvenuto più rapidamente rispetto ad altre aree.

Nello studio Fit for the future?, i ricercatori hanno utilizzato semi di Viscaria alpina, una specie erbacea perenne delle regioni alpine, raccolti in diversi momenti nel corso di vent’anni. I semi, conservati nella banca dei semi dell’Università di Pavia, sono stati divisi un due gruppi, gli antenati e i discendenti, in base all’anno di raccolta. Nel gruppo antenati ci sono semi raccolti nel 2000, 2001 e 2005, mentre nel gruppo discendenti quelli raccolti nel 2018, 2019 e 2020.

Una volta fatto germinare i semi e cresciute le piante, i ricercatori le hanno esposte in laboratorio a stress termico, idrico e ad una combinazione di entrambi per valutare la loro risposta. Sono state diverse le caratteristiche osservate per valutare possibili differenze e adattamenti: tratti vegetativi (il volume totale e l’area fogliare), la parte riproduttiva (numero di fiori e altezza dello stelo) e i semi (numero, massa). 

In soli vent’anni la Viscaria alpina ha sviluppato degli adattamenti notevoli sotto diversi aspetti:

  1. Una biomassa ridotta nei discendenti: le piante cresciute dai semi più recenti hanno mostrato un volume fuori terra inferiore rispetto agli antenati, un possibile adattamento alla riduzione della disponibilità idrica.
  2. Semi più pesanti nei discendenti: che suggerisce un miglioramento nella qualità delle risorse allocate ai semi e che potrebbe favorire una maggiore sopravvivenza in condizioni di stress.
  3. Resistenza alla siccità: mentre gli antenati mostravano una riduzione significativa della biomassa in condizioni di siccità, i discendenti non hanno mostrato questa variazione, indicando un adattamento alla scarsità idrica.

Questi cambiamenti nei tratti vegetativi e riproduttivi suggeriscono che le piante alpine si stanno adattando rapidamente ai cambiamenti climatici, migliorando la loro resilienza alla siccità e a vari stress ambientali.

Come spiega Mondoni: “Le piante sono organismi plastici in grado di adattarsi. Per intendersi, se una certa risorsa è presente, come l’acqua, allora la pianta cresce, altrimenti, in sua assenza, l’organismo vegetale mantiene delle dimensioni ridotte: è una risposta adattativa. Però quando è presente uno stress che diventa continuo e stabile, allora non ha più senso per la pianta essere plastica. Anzi, diventa quasi controproducente perchè se in un momento in cui la risorsa acqua, per esempio, è abbondante la pianta è cresciuta acquisendo grandi dimensioni, ma se poi subentra un periodo di siccità diventa faticoso sostenere tutte le esigenze derivanti dalle grandi dimensioni e la pianta stessa non riesce più a compensare. Nel nostro caso studio, la plasticità è stata sacrificata ed è stata preferita una riduzione della variabilità genetica più “definitiva”, ossia quella di perpetuare una specie di dimensioni minori”.

Una banca di tutte e tutti

Quindi, le banche dei semi non solo conservano la biodiversità vegetale, ma sono anche strumenti preziosi per la ricerca scientifica. Il lavoro prodotto da Mondoni, assieme a colleghe e colleghi di alcuni paesi Europei, offre un esempio straordinario di come queste banche possano essere utilizzate per comprendere meglio l’evoluzione contemporanea delle piante.

Studi e pubblicazioni come queste offrono informazioni e dati fondamentali sia per le banche dei semi che per le strategia di conservazione fuori e dentro di esse. Per esempio, come emerge dalla ricerca appena descritta, l’uso di semi conservati a lungo termine per il ripopolamento potrebbe essere problematico, poiché questi semi potrebbero non essere più adatti alle condizioni ambientali attuali.

Conclusioni e suggerimenti che si possono estrapolare sono numerosi, come un aumento della frequenza di raccolta dei semi da parte delle banche, per assicurarsi che i semi conservati siano rappresentativi delle condizioni ambientali attuali, oppure un monitoraggio continuo delle condizioni ambientali per adattare le strategie di conservazione.

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